Disaccordo sulla flessibilità dei prezzi e dei salari
Gli economisti classici danno priorità alla flessibilità dei prezzi e dei salari, ritenendo che il mercato si adeguerà ai cambiamenti della domanda e dell’offerta. Gli economisti keynesiani hanno un approccio diverso, ritenendo che i prezzi e i salari tendano a essere “appiccicosi” e che non rispondano rapidamente ai cambiamenti del mercato. Ciò significa che i governi devono intervenire per aiutare a stimolare la domanda e l’economia.
Impatto dei tassi di interesse
Gli economisti classici sostengono che la riduzione dei tassi di interesse non avrà alcun effetto sulla crescita economica, poiché non credono nell’intervento del governo nell’economia. Gli economisti keynesiani, invece, ritengono che la riduzione dei tassi di interesse possa essere utilizzata come strumento per stimolare la crescita economica.
Intervento del governo nei mercati
Gli economisti classici ritengono che il governo non debba intervenire nei mercati, poiché questi si aggiusteranno naturalmente e raggiungeranno l’equilibrio. Gli economisti keynesiani, invece, sono favorevoli all’intervento del governo nei mercati per contribuire a stimolare la domanda e promuovere la crescita economica.
Atteggiamento verso le recessioni
Gli economisti classici pensano che le recessioni siano una parte naturale del ciclo economico e che il mercato alla fine si aggiusterà e tornerà a crescere. Gli economisti keynesiani, invece, ritengono che il governo debba intervenire per aiutare a stimolare l’economia durante le recessioni.
Ruolo dell’offerta di moneta
Gli economisti classici ritengono che l’offerta di moneta non sia un fattore importante nella crescita economica e che i mercati si adeguino alle variazioni dell’offerta di moneta. Gli economisti keynesiani, invece, ritengono che le variazioni dell’offerta di moneta possano essere utilizzate per stimolare la crescita economica.
Gli economisti classici tendono a concentrarsi sul lungo periodo, ritenendo che le forze di mercato finiranno per bilanciarsi e raggiungere l’equilibrio. Gli economisti keynesiani, invece, si concentrano maggiormente sul breve termine, ritenendo che l’intervento del governo possa contribuire ad aumentare la domanda e a stimolare la crescita economica.
Ruolo dell’imprenditore e del consumatore
Gli economisti classici ritengono che gli imprenditori e i consumatori siano attori razionali che prendono decisioni basate sul loro interesse personale. Gli economisti keynesiani, invece, ritengono che gli imprenditori e i consumatori non agiscano sempre in modo razionale e che il governo debba intervenire per garantire la stabilità economica.
Diverse prospettive sulla politica monetaria
Gli economisti classici ritengono che la politica monetaria non sia uno strumento efficace per stimolare la crescita economica, mentre gli economisti keynesiani ritengono che le variazioni dell’offerta di moneta possano essere utilizzate per stimolare la crescita economica.
In conclusione, l’economia classica e quella keynesiana hanno presupposti molto diversi sull’economia e implicazioni politiche diverse. Gli economisti classici danno priorità alla flessibilità dei prezzi e dei salari, mentre gli economisti keynesiani favoriscono l’intervento del governo nei mercati. Entrambe le scuole di economia hanno una propria prospettiva sul ruolo della massa monetaria, dell’imprenditore e del consumatore e sull’impatto dei tassi di interesse.
La differenza principale tra la teoria classica e quella keynesiana della domanda di moneta è che la teoria classica presuppone che la moneta sia neutrale, mentre la teoria keynesiana non lo fa. La teoria classica della domanda di moneta afferma che la domanda di moneta è una funzione del tasso di interesse e che le variazioni dell’offerta di moneta influiscono solo sui prezzi, non sulla produzione o sull’occupazione. La teoria keynesiana, invece, sostiene che le variazioni dell’offerta di moneta possono influenzare la produzione e l’occupazione e che la moneta non è neutrale.
Esistono due grandi scuole di pensiero in economia quando si parla di determinazione del reddito e della produzione: quella classica e quella keynesiana. La teoria classica si basa sull’idea che i mercati si autoregolino e che l’economia sia sempre in equilibrio. La teoria keynesiana, invece, sostiene che i mercati non sono sempre autoregolati e che il governo deve intervenire per stabilizzare l’economia.
La differenza principale tra le due teorie è che la teoria classica si concentra sul lungo periodo, mentre quella keynesiana sul breve. La teoria classica sostiene che i cambiamenti nella domanda aggregata avranno un impatto solo sui prezzi, non sulla produzione o sull’occupazione. La teoria keynesiana, invece, sostiene che le variazioni della domanda aggregata possono avere un impatto sia sulla produzione che sull’occupazione nel breve periodo.